mascherine, guanti e disinfettanti devono essere forniti ai riders dal gestore della piattaforma
(Trib. Firenze 1° aprile 2020, decreto)
di Marina Olgiati – Trifirò & Partners Avvocati
Nell’attuale situazione di emergenza epidemiologica, il gestore della piattaforma è obbligato a fornire ai riders dispositivi di protezione individuale atti a tutelarne la salute durante lo svolgimento dell’attività.
Il principio, affermato dal Tribunale di Firenze ed emesso all’esito di un procedimento d’urgenza, si pone sulla scia della recente decisione della Corte di Cassazione (Cass. 24 gennaio 2020, n. 1663), che, pur confermando la natura autonoma del rapporto di lavoro dei riders con le società che gestiscono le piattaforme di recapito – ai clienti ad esse iscritti – di alimenti e cibi da asporto per conto di esercizi convenzionati, ha aperto la strada al riconoscimento di tutele proprie del rapporto di lavoro subordinato a tale categoria di lavoratori; in tale ottica, il Tribunale ha concluso che i riders hanno il diritto di pretendere dal proprio “committente” la fornitura di dispositivi di protezione individuale adeguati per proteggersi nello svolgimento dell’attività nell’attuale situazione sanitaria emergenziale.
Da quanto è dato sapere, la vicenda prende le mosse dalla richiesta di un rider, rivolta alla propria azienda, di avere in dotazione mascherine, guanti monouso, gel disinfettanti e prodotti a base alcolica per la pulizia dello zaino; l’azienda, tuttavia, si era limitata a consegnare una sola mascherina monouso. Il lavoratore si era perciò rivolto al sindacato, che aveva “sponsorizzato” un ricorso in via d’urgenza avanti al Tribunale al fine di ottenere in via giudiziale quanto da lui richiesto.
Il Giudice fiorentino ha ritenuto fondata l’azione, osservando, da un lato, che il rapporto di lavoro in esame, formalmente autonomo, è riconducibile alle collaborazioni coordinate e continuative (art. 2, D. Lgs. n. 81/2015) e che ad esso si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato quando la prestazione del collaboratore sia esclusivamente personale, venga svolta in via continuativa, con modalità di esecuzione organizzate dal committente anche in relazione ai tempi e al luogo dello svolgimento della prestazione; dall’altro lato, che il rapporto di lavoro tramite piattaforme digitali trova una sua specifica disciplina, di recente introduzione (capo V-bis del D. Lgs. n. 81/2015, introdotto dal D.L. n. 101/2019, convertito nella L. n. 128/2019), diretta a garantire – a carico dei committenti che utilizzano la piattaforma – livelli minimi di tutela ai lavoratori che operano con tali modalità; tra le garanzie sono ricomprese la copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e l’adozione di tutte le misure di sicurezza di cui al D. Lgs. n. 81/2008, in particolare, di quelle idonee a tutelare la salute in relazione al particolare lavoro da svolgere (art. 71, D. Lgs. n. 81/2008).
Nessun dubbio nell’accordare, nel caso giudicato, la tutela d’urgenza: il pregiudizio imminente riguarda il diritto alla salute che potrebbe venire irrimediabilmente compromesso nel tempo necessario alla decisione di merito, se l’attività lavorativa continuasse ad essere svolta, da parte del rider, in assenza dei dispositivi di protezione individuale.
La decisione costituisce una prima applicazione giurisprudenziale della norma di cui all’art. 47 septies del D. Lgs. n. 81/2015, che ha esteso ai lavoratori autonomi che eseguono attività di consegna di beni per conto altrui – attraverso piattaforme anche digitali – in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore le tutele in materia di sicurezza sul lavoro contenute nel D. Lgs. n. 81/2008. In particolare, in relazione all’attuale situazione epidemiologica, la disposizione del T.U. sulla sicurezza che viene in considerazione è l’articolo 272, comma 2, lett. d) che, nel caso di esposizione del lavoratore al rischio di agenti biologici, obbliga il datore di lavoro ad adottare misure collettive di protezione ovvero misure di protezione individuale qualora non sia possibile evitare altrimenti l’esposizione.
Peraltro, con riguardo all’epidemia da coronavirus sono anche altre le norme che impongono l’adozione di ogni misura di protezione a salvaguardia della salute dei lavoratori: ci si riferisce al DPCM 11 marzo 2020, che, tra le misure urgenti di contenimento del contagio sul piano nazionale, detta l’obbligo, per le aziende produttive, di assumere protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non sia possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, di adottare strumenti di protezione individuale, ovvero mascherine, guanti, occhiali, tute, cuffie e camici, nonché liquidi detergenti, misure queste individuate nel Protocollo attuativo del DPCM, sottoscritto il 14 marzo 2020 tra il Governo e le parti sociali. Con il DPCM del 22 marzo 2020 il Governo ha poi reso obbligatoria l’adozione delle misure previste nel menzionato Protocollo per tutte le aziende le cui attività non sono sospese.