Covid-19 e richiesta di sospensione dell’esecuzione della condanna civile ex art 612 c.p.p.
Nota a cura dell’avv. Mattia Miglio
Corte di Cassazione, sez. 2 Penale, Ordinanza n. 24814/2020
Nell’ordinanza che qui si commenta, particolare interesse rivestono le considerazioni mediante le quali la Suprema Corte esclude che il calo di reddito – dovuto alla pandemia COVID-19 – possa integrare un’ipotesi di “grave e irreparabile danno” idoneo a sospendere l’esecuzione della condanna civile ai sensi dell’art. 612 c.p.p.
In particolare, nella vicenda che ci occupa, l’odierno imputato – condannato dalla Corte d’Appello di Milano alla pena ritenuta di giustizia per il delitto di truffa aggravata – era stato altresì condannato al risarcimento del danno (sia patrimoniale che non patrimoniale) in favore della parte civile per un importo di poco superiore ai 100.000 Euro.
Oltre al ricorso per cassazione, la difesa proponeva istanza ex art. 612 c.p.p., al fine di ottenere la sospensione dell’esecuzione della condanna civile, la quale – secondo l’impostazione difensiva – “comporterebbe un danno grave ed irreparabile, in quanto la somma da versare sarebbe tanto elevata da privarlo dei beni necessari per le sue esigenze esistenziali” (p. 1) nell’attuale momento storico, in cui l’imputato aveva subito un calo del proprio reddito a causa della forzosa interruzione della propria attività lavorativa a causa della pandemia.
Come si può leggere nelle motivazioni, tale istanza viene rigettata.
In conformità con le conclusioni raggiunte dall’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità, la Suprema Corte rileva infatti che, ai fini dell’art. 612 c.p.p., l’instante “deve fornire la prova della futura insolvenza del creditore che metta in pericolo la possibilità di recupero della somma […] ovvero deve dare la prova del pericolo di un danno grave ed irreparabile, derivante dall’esecuzione della statuizione” (p. 2).
Prosegue poi la Cassazione: “il danno non deve necessariamente essere costituito dalla distruzione di un bene infungibile, giacché può derivare anche dalla necessità di dover pagare una spropositata somma di denaro, che metta in pericolo non solo la possibilità di recupero, ma altresì elida in modo estremamente rilevante il patrimonio dell’obbligato” (p. 2).
Tuttavia, la prova del grave ed irreparabile pregiudizio non può essere dimostrata sulla scorta di considerazioni di carattere oggettivo ma, al contrario, l’instante ha “l’onere di dimostrare che la somma, da versare in esecuzione della condanna, abbia un’incidenza rilevante sul proprio patrimonio” (p. 2).
Ciò premesso, tale onere – si legge nelle motivazioni – non è stato adempiuto dall’instante: quest’ultimo infatti si è meramente limitato a lamentare “di avere subito un calo del suo reddito per il prolungato arresto forzoso dell’attività lavorativa, dovuto alla pandemia COVID19, e di aver rottamato e rateizzato diverse cartelle esattoriali” senza aver neppure indicato “l’effettiva consistenza del suo patrimonio e la concreta incidenza del pagamento delle somme de quibus sulle sue disponibilità patrimoniali, così da poter profilare un pregiudizio grave e irreparabile in relazione alle sue esigenze esistenziali” (pp. 2-3).